Bing Bang Fest: roba di un altro Planet!

Scritto da il 8 Giugno 2016

Si sa, estate è sinonimo di festival e dopo il Mi-Ami siamo stati in missione anche al Big Bang Fest di Nerviano, nell’hinterland milanese.

Cinque giorni di musica non stop hanno dato il benvenuto a questo Giugno che, visto il clima, ci ha ricordato ben poco dell’estate. Ma questo poco importa: l’atmosfera è quella giusta e la pioggia non sembra aver stravolto i piani dei Big bangerz.

Fin da subito si entra nel mood un po’ avventuriero e un po’ wild tipico dei festival, con stand, grigliate e – a nostra sorpresa – già una performance live: quella dell’uomo con la testa di cavallo polistrumentista/tuttofare, One Horse Band.

 

Dopo il grandissimo successo ottenuto con le precedenti serate a tema con ospiti del calibro dei Punkreas, di Coez e Otto Ohm, ed in attesa della quinta e ultima serata coronata dalla performance de Il teatro degli Orrori, sentiamo di aver scelto la serata giusta: musica elettronica e se vogliamo un po’ più sperimentale – un po’ di indietronica al giorno toglie il medico di torno, non era forse così?

Special guests della quarta serata sono i Planet Funk, di cui siamo fan dai tempi dell’adolescenza. Perciò ci sentivamo in dovere, prima delle prove, di conoscere e chiacchierare con il frontman, Alex Uhlmann, che ci ha raccontato della loro ultimissima canzone, Revelation – uscita il giorno precedente (3 Giugno) – e dei loro progetti.

 

Q: Abbiamo visto con piacere che proprio ieri è uscito il vostro nuovo singolo, con un titolo molto d’impatto. Ha un significato particolare per voi?

 

A: Per noi questa canzone rappresenta la rivelazione del ritorno al collettivo. In questi ultimi sei anni abbiamo fatto un percorso più normale, più consono ad una band, invece questa volta volevamo dare qualcosa un in più.

Il collettivo si presta molto sia sul palco che in studio. Avendo più voci puoi realizzare cose più folli. Non so se metteremo il nuovo pezzo, ma la scaletta di stasera è interattiva, noi guardiamo il pubblico per vedere cosa funziona e cosa no; a volte vedo dj che non guardano il pubblico e non capisco perché.

 

Q: Ha delle bellissime sonorità molto vicine al Dream Pop, genere che sta andando molto fuori dall’Italia e questa è un po’ la storia della band. Infatti con i Planet Funk avete sempre portato in Italia qualcosa di nuovo, avete iniziato con elettronica, poi il pop. Dare un nome al vostro genere sarebbe riduttivo avendo toccato tantissime sfaccettature della musica.

 

A: Come gruppo tutto è nato in Inghilterra. Chase the Sun era il primo singolo dalla Virgin UK. Poi visto che loro sono italiani sono tornati in Italia. Questo nuovo album l’abbiamo fatto a Londra, città molto sperimentale, molto aperta musicalmente e sicuramente questo poi lo percepite nelle nostre sonorità.

 

Q: L’Italia dei talent show come la vedi ora? Un genere come il vostro come si presta ad essa?

 

A: I talent show non sono una cosa italiana, esistono dappertutto (anzi, Simon Cowell è proprio inglese). Diciamo che l’intera industria della musica è cambiata e il talent è un modo per le major di fare un percorso abbastanza veloce, soprattutto dal punto di vista della promozione. Insomma, una cosa pratica per loro. Io ovviamente vengo dalla realtà della gavetta ma non posso dire di essere contrario ai talent. Sono una realtà che dobbiamo accettare come dobbiamo accettare il fatto che la gente non compri più dischi e quindi dobbiamo adattarci un po’ a questa tendenza, poi ci sono anche talenti veri che ne vengono fuori.

 

Q: Dagli esordi dei Planet Funk fino a quando tu sei entrato lo stile e l’impronta del genere musicale è cambiato. Si sente appunto l’influsso del Dream Pop e credo che la svolta sia stata Another Sunrise. Quale è stato il tuo impatto in una band anomala ed aperta come i Planet Funk?

 

A: Loro non hanno mai cercato di trovare un cantante che facesse solo l’interprete. Io scrivo e abbiamo scritto insieme, questo cambia un pochino le cose. Come ho detto, prima era il tempo di fare un percorso da band, concerti, tour, 200 date. Già l’album The Great Shake è più da band, adesso invece ritorniamo al collettivo, con tre/quattro cantanti diversi. Ognuno porta le sue influenze. Già i Planet Funk nascono da cinque produttori: Marco Barone, Domenico “GG” Canu, Sergio Della Monica, Alex Neri e Alessandro Sommella, che hanno i loro mondi. Insomma, una realtà diversa che rappresenta anche la loro forza.

 

Q: Ha lasciato il segno nel panorama internazionale la cover di These Boots Are Made For Walking di Nancy Sinatra. Siete riusciti a dare un’altra atmosfera, quasi lunare.

 

A: (Ride) Molto poetico. Il mio amico regista Ivan Cotroneo aveva bisogno di questa cover per un suo film e ci ha chiesto di farla. Ricordiamo che questa canzone ha un forte messaggio politico, parla di femminismo. Non ci siamo fatti molto domande all’epoca, e questa è stata la nostra fortuna. L’abbiamo fatta alla nostra maniera: abbastanza rock ‘n’ roll, il canto era la first take e la base in due o tre ore, molto spontanea come cosa. Forse è questo, quello che percepisci: la leggerezza, pur sempre rispettando l’importanza del pezzo.

 

È questa la chiave del successo dei Planet Funk: sperimentare, spaziando con leggerezza e spontaneità da un genere all’altro, senza mai fissarsi, proponendo continuamente brani dai suoni molto internazionali.

 

La performance dei Planet Funk viene anticipata da vari deejay set che – tra una grigliata e l’altra – hanno decisamente riscaldato l’atmosfera, facendo scatenare tutti. Siamo passati dai ritmi travolgenti di We Are Waves, a una performance dal fascino ipnotico come quella dei Dardust in cui il suono del pianoforte, quello dei sintetizzatori e dei tamburi ci hanno trasportati in una dimensione quasi onirica e surreale, per poi passare il testimone – o per meglio dire la consolle –agli Aucan – forse i più deep house di tutti.

 

Quando infine tocca a loro, decidiamo di lasciare la nostra professionalità da parte e scatenarci a dovere. Un deejay set continuo, senza pause, passando per versioni remixate di successi come We-People, Chase the sun, The Switch, Another Sunrise o Inside All The People. Sembra quasi di essere ad una festa tra amici, in cui tutti ballano e la complicità tra i Planet e il pubblico è massima. Per concludere la serata in bellezza, hanno proposto la loro cover di These Boots Are Made For Walking – impossibile non scatenarsi! – per poi lasciarci con il loro nuovissimo singolo Revelation, suonato per la prima volta dal vivo.

Che dire, non ci resta aspettare con ansia il prossimo Big Bang Fest!

A cura di Pierdomenico Laviola, Simonetta Poltronieri, Ana Radi.


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