In a perfect world: atmosfera, Kodaline e le sedicenni in noi
Scritto da BocconiADMIN il 24 Febbraio 2016
A quasi un anno di distanza dall’ultima data italiana ai Magazzini Generali – ancora 3 giorni e ne festeggeremo l’anniversario – i Kodaline, lunedì 22 febbraio 2016, fanno tappa all’Alcatraz di Milano. Radio Bocconi è presente con noi due come inviate speciali, nonché fan.
Dopo la band di apertura, il loro ingresso in scena si fa attendere – male, ma li perdoniamo. Si spengono le luci nel locale di via Valtellina e, alle 21.40 circa, i nostri irlandesi preferiti sono pronti ad iniziare sulle note di Ready, una buona scelta di apertura che getta le basi per quello che sarà il clima da qui alla fine.
L’atmosfera piano piano si scalda con una scaletta che va da canzoni meno note sino a quelle ormai entrate nei nostri cuori: un buon mix tra i due album Coming up For Air (2015) ed In a Perfect World (2013).
Il primo picco emozionale lo tocchiamo con One Day, in terza posizione ed ottima per i cuori (e i dotti lacrimali) del pubblico meneghino. Ma bisogna trattenersi, perché manca poco all’arrivo di High Hopes, che in una discografia costellata da lyrics toccanti, nonché tratto distintivo della band, è a nostro parere la più profonda.
Poche note ed è il turno per Brand New Day, quella che ti fa venir voglia di fare le valigie e seguire i Kodaline in giro per il mondo, diventando la loro groupie migliore – e Bea lo sa bene. Concluso questo breve viaggio di 3 minuti, Steve racconta che la fortuna di essere una band è che puoi presentarti al matrimonio del tuo tecnico senza un regalo ma con una canzone dedicata alla coppia: The One. Questo è il brano che ti fa venir voglia di ricambiare il favore a quella persona che al concerto dei The Script ti aveva dedicato “Never seen anything quite like you” percui la chiami e gliela fai sentire… e niente: si scioglie.
E non è l’unica.
Respiriamo la Guinness e l’ottima musica folk dell’Irlanda con Love Like This: chitarra acustica, tamburello, mani a tempo, basta chiudere gli occhi per ritrovarsi catapultati in un pub di Dublino a sorseggiare una pinta e divertirsi tutti insieme! Sprizzi di musica elettronica arriveranno invece con Honest di cui aspettavamo il live, soprattutto per il sound del ritornello a cui la versione incisa – nonostante le Beats bianche di Ana – non rende giustizia. Voto 30L e bacio accademico meritato.
A chiudere il set prima dell’encore è Love Will Set You Free, un tuffo al cuore finché non si apre il bis con Billy Jean di Mr. Michael Jackson. Una cover, volevamo una cover? No, ma ci accontentiamo anche perché, nonostante la coppia di hipster disagiati accanto a noi che “No, questa canzone no!”, i Kodaline la portano sul palco nel loro stile: senza scopiazzamenti vari e con l’umiltà di chi vuole omaggiare e non pavoneggiarsi con un brano simile. Poi di nuovo brani autentici: Everything Works Out in the End seguito da Big Bad World / Talk / Perfect World – non potevano scegliere canzoni migliori per un medley: un trio con una bilanciata dose di pessimismo e speranza. Come la vita di tutti, del resto!
Dulcis in fundo: il M-O-M-E-N-T-O tanto atteso di All I Want, anche se ci fanno penare un po’ per sentirla ma noi insistiamo reclamandola. Un’orda di persone che ti canta a squarciagola All I Want a cappella e non gliela canti? Ti senti un po’ str****, poi ti ricordi che Shonda l’ha scelta per un episodio di Grey’s Anatomy e che, ci si può anche mettere contro un intero pubblico, ma non contro Shonda. I quattro dublinesi scelgono di salutarci così, ricordandoci che this is gonna be the last one. Ad ogni high note trattieni le lacrime e ti accorgi sempre più che al termine il concerto sarà solo un ricordo, un GRAN ricordo.
Steve, Mark, Jason e Vinny rimangono colpiti dal pubblico, che non è quello occasionale che si presenta ad un concerto di una band alternative irlandese perché fa hipster. Si tratta di veri fan, tra cui alcuni autoctoni, che ovviamente ci troviamo dietro e che ci consigliano di goderci lo spettacolo e smetterla con i telefoni – il 20% di batteria dà loro ragione.
Le pecche della serata sono poche, vanno dalle mamme che accompagnano i figli 16enni – ma anche qui perdoniamo perché se a 16 anni ascolti i Kodaline sei in quel 10% dei tuoi coetanei che crescerà forte e sano, magari con più di un neurone – ai fidanzati imbalsamati e ai problemi tecnici. Questi ultimi un po’ ce ne accorgiamo da sole, il microfono si sentiva poco ed è un vero peccato soprattutto per la bravura del cantante che steccare non stecca, un po’ ce li fa notare il nostro tecnico Alessandro che si lamenta del soundcheck e delle chitarre in picco. Forse non una delle loro migliori performance di sempre, ma comunque dignitosa.
Immancabili i clichés: Steve che si toglie la giacca e gli ormoni a mille che si scatenano, reggiseni che volano, una t-shirt con bandiera tricolore, qualche urletto isterico – anche nostro eh – e la solita rissa per accaparrarsi i plettri e le drum sticks. Quei “We love you Milan”, “that’s a beautiful city” sprecati, forse sentiti forse no.
Se si dovesse descrivere il concerto in una sola parola, non sarebbe “concettuale”, ma “dinamico” non solo a livello di musica ma anche di palco e presenza scenica. Il cambio di strumenti tra una canzone e l’altra: chitarra acustica, pianoforte, chitarra elettrica, ma anche le frequenti interazioni con il pubblico che prende vita ogni volta che viene incitato a sing along if you know the words, and if you don’t then just shout and scream loud – devono proprio essere fan di Radio Bocconi.
Le luci si spengono, tutto è finito e noi ce ne andiamo con la promessa che verranno a trovarci nuovamente. Chissà se tra qualche anno vi capiterà di vedere i Kodaline riempire uno stadio, come in patria già succede, o diventare headliner di un festival… voi non dite che Radio Bocconi non vi aveva avvisati!
A cura di Beatrice Costanzo e Ana Radi.