“My life in Sanremo” secondo i Bitch Boys

Scritto da il 2 Febbraio 2017

Si sa che più gli anni passano, meno si ricordano i brani in gara a Sanremo eliminati anzitempo o, comunque, non vincitori. Ed è un peccato, perché nascosti tra i non finalisti, tra i giovani o tra le più basse posizioni della classifica finale, si sono annidate, negli anni, canzoni che vale la pena ricordare. E così, in qualità di futuri inviati all’Ariston – ovvero di Bitch Boys – vi raccontiamo in questo articolo i cinque pezzi proposti in gara al Festival che, pur non avendo vinto, sono rimasti nel cuore di ciascuno di noi.

FILIPPO

Anna Oxa – Processo a me stessa (2006)

Nel 2006 Anna Oxa ha deciso di salire sul palco scalza, senza orchestra, accompagnata da un coro di albanesi e con un foglio in mano, senza divulgare prima dell’esibizione alcuna informazione sul testo o sul look. “Processo a me stessa” è un brano che la critica, in quell’edizione, ha eufemisticamente massacrato, ma in quanto avvocato delle cause perse sono fermamente convinto che la potenza del testo e l’intensità dell’interpretazione della Oxa lo rendano una delle cose migliori mai accadute sul palco dell’Ariston.

Tosca – Il terzo fuochista (2007)

A 11 anni tornavo da San Siro in macchina con mio papà, e alla radio trasmettevano la finale di Sanremo, e in gara c’era Tosca. Tornato a casa cerco un video dell’esibizione, e vedo che l’orchestra si era trasformata in una banda di paese, che erano comparsi elementi e atmosfere circensi a rallegrare l’Ariston, e che a ritmo di “zum-pa-pa” Tosca passeggiava per il palco. Una delle canzoni più inusuali e originali dell’intera storia del Festival, esaltata dalla vocalità teatrale di Tosca.

Tazenda – Pitzinnos in sa gherra (1992)

Ho un debole per le canzoni in sardo. Per me si potrebbe anche cantare tutto in sardo, poco importa se poi non si capisce che vuol dire, suona talmente bene!
Pertanto, la quota sarda è imprescindibile nelle mie cinque scelte. Ero indeciso tra questa, Spunta la luna dal monte dei Tazenda e Pierangelo Bertoli e la più recente In Equilibrio di Ilaria Porceddu. Alla fine l’hanno spuntata i Tazenda nudi e puri con questo brano, soprattutto per il bridge, scritto da De André in quello che rimane l’unico contatto del cantautore con il Festival.

Giordana Angi – Incognita poesia (2012)

In gara tra i giovani del 2012, il testo ermetico e la voce calda della cantautrice creano un’atmosfera di intimità che emoziona parecchio (anche se, lì per lì, immagini come “macchinari di emozioni” non hanno ottenuto un riscontro proprio esaltante). Eliminata al primo turno contro il poi vincitore Alessandro Casillo, meritava sicuramente un secondo ascolto, ma si sa, il meccanismo spietato del Festival…
Di recente, Giordana Angi è entrata a far parte della pletora di nuovi talenti sotto l’aura protettiva di Caterina Caselli e della Sugar, nella speranza che possa ottenere una piccola rivincita.

Bungaro – Guardastelle (2004)

2004, ovvero l’anno del boicottaggio delle case discografiche e del Tony Renis contro tutti che insiste per proporre la bellezza di 22 brani in gara, tratti dalla scena indipendente italiana.
Uno dei Festival più riusciti dal punto di vista artistico – e, neanche a dirlo, il secondo nella classifica dei peggiori ascolti di sempre – che regala, questo brano dal testo onirico e dalla musica che più sanremese non si può, che per poco non riesce a strappare il podio.

 

MASSI

Fiorella Mannoia – Le notti di maggio (1988)

Una donna dai ricci capelli rossi sale sul palco dell’Ariston e canta col tono nostalgico di quelle “piccole voci” che certe notti parlano al cuore. Una canzone che parla di sé, di una vita che va conosciuta, di un mare che va visto e dell’amore che va vissuto, altrimenti non ci si dovrebbe prendere la briga di parlarne. La canzone porta la firma autorevole di Fossati ed è molto composta, ma si spettina alla fine, quando la Mannoia ribadisce che ha visto l’amore molto vicino, talmente tanto vicino “da poterlo toccare”. È una canzone per farsi ricordare. Ci riesce. Direi che per capirla va ascoltata.

Loredana Bertè – Luna (1997)

La Bertè torna al festival dopo la scomparsa della sorella Mia Martini. Loredana è nera, nei capelli, nel completo in pelle e soprattutto nell’umore. La canzone dovrebbe iniziare con un “vaffanculo luna” che purtroppo viene censurato, ma la disperazione emerge comunque. Il pezzo ha un’anima profondamente rock, ma l’arrangiamento risente del contesto sanremese. Nel crescendo finale la Bertè urla “come si sta male a vivere da soli”. Viene tirato in mezzo Dio, ma la risposta non è pervenuta.

Iskra – Quasi amore (2009)

Immaginate che si stiano esibendo i cantanti della categoria Giovani, Bonolis presenta la prossima concorrente e dalle scale scende una specie di strega voodoo che supera i 60 anni. Magari è sbagliato soffermarsi così tanto sull’aspetto, ma Iskra è come un fiore tropicale che spicca in un bouquet classico. Non sembra nemmeno una persona reale, ma il personaggio di una sciamana in un film di pirati, al quale tutti voglio bene. La canzone la firma Lucio Dalla (perché Iskra, per intenderci, è quella del video Attenti al Lupo) e magari Iskra di voodoo non se ne intende, come potrebbe sembrare, ma con la voce le magie le fa.

Irene Grandi – La cometa di Halley (2010)

Io sono una di quelle persone che fa il conto alla rovescia per il 29 luglio del 2061 e questa canzone la amavo già prima di ascoltarla, mi bastava il titolo. Irene Grandi torna a Sanremo con un pezzo di Bianconi per vendicare “Bruci la città”, scartata nel 2007. Penso sia uno dei pezzi pop più belli della musica italiana. Dipinge l’apparente fine di un amore onesto fatto di sogni e rubinetti ancora da cambiare, ricordando il momento in cui la cometa di Halley feriva il cielo e di illusioni e possibilità si poteva campare. Alla fine lei dice addio, lui dice ciao e noi non sapremo mai chi dei due ha avuto la meglio (io tifo per loro).

Morgan – La sera (doveva essere 2010, ma è stata esclusa)

Diciamo apertamente che questa è una delle pagine più tristi del festival. Morgan porta una canzone di una bellezza assurda e non sto esagerando. Dimenticate le schitarrate classiche, le strofe, i ritornelli ed i bridge. Un carillon, un’orchestra spettrale ed una canzone che fa quello che le pare e si sviluppa cambiando continuamente tema musicale. Poco prima della fine esplode in questa big band fatta di fantasmi, mentre Morgan continua a cantare questa poesia a tratti dannunziana per poi dissolversi e ritirarsi dietro i monti al sorger del sole. Siamo in un film di Burton? Nel film Fantastia della Disney? No, potevamo essere a Sanremo, invece non siamo stati da nessuna parte. Solo nelle mie cuffie.

 

FRA

Giorgio Faletti – Signor tenente (1994)

Giorgio Faletti l’ha scritta e presentata nel 1994, sull’onda degli omicidi mafiosi di Falcone e Borsellino. Marco Masini ha scelto questa canzone come cover per questa edizione. Il brano non vinse, forse perché troppo impegnata e poco musicale, ma fu premiata dalla critica e dal pubblico, che la rese disco di platino.

Lucio Dalla e Nuova Equipe 84 – 4/3/1943 (1971)

Presentata al festival del 1971, la canzone raggiunse il terzo posto; gli autori furono Lucio Dalla e Paola Pallottino, e il brano, in gara, venne presentato dall’artista bolognese e dall’Equipe 84.
Il testo è molto interessante, anche se la sua versione originale venne parzialmente censurata in modo da renderla più consona alla kermesse sanremese.

Marco Masini – Perché lo fai (1991)

E’ ormai evidente il mio debole per il cantautore romano. Con questa canzone, Masini si classificò terzo nel 1991, alle spalle di Riccardo Cocciante e Renato Zero. Originariamente, la canzone – scritta da Giancarlo Bigazzi – doveva andare ad Umberto Tozzi, ma alla fine l’autore si decise per Masini, che ne modificò parzialmente testo e arrangiamento.
Alla luce di tutto questo, sono proprio curioso di vedere all’opera Marco Masini in questa edizione; ha sempre scritto canzoni molto coraggiose, non credo ci deluderà.

Mia Martini – Gli uomini non cambiano (1992)

Splendida la voce di Mia Martini, che con questo brano, scritto ancora una volta da Bigazzi, si classificò seconda all’edizione del 1992. Credo che nessuna cantante avrebbe saputo interpretarla meglio.

Elio e le storie tese – La canzone mononota (2013)

Una canzone con un arrangiamento fantastico! Elio e le Storie Tese sono ottimi musicisti, e lo dimostrano sul palco ogni volta che lo calcano, e se poi ogni tanto ti fanno ridere ancora meglio! Avrebbero meritato la vittoria, nel 2013, ma ancora una volta, dopo il tanto contestato 1996, finiscono secondi…

 

LSG

Max Gazzè – Il solito sesso (2008)

Canzone capolavoro, emblema del consueto blend di ironia e dolcezza malinconica di Massimiliano. Uno dei tesori, degni di questo nome, usciti dal Festival nel corso degli anni.

Sergio Cammariere – Tutto quello che un uomo (2003)

Uno dei brani più celebri di Sergio, perla jazz raffinatissima carica di una sensibilità d’altri tempi. Un capolavoro.

Alexia feat. Mario Lavezzi – Biancaneve (2009)

Il conflitto tra male e bene, tra Biancaneve e la Strega, declinato squisitamente in chiave erotica. Ma d’altronde, da un brano scritto a quattro mani da Mogol e Lavezzi, non ci si poteva aspettare che una delizia.

Piero Mazzocchetti – Schiavo d’amore (2007)

Chi è? Da dove viene? Non si sa, e non ci importa francamente. Questo tenore è il classico esempio di nemo propheta in patria, essendo il suo successo stato principalmente all’estero, in Germania. La canzone è curata, reminiscente di un’aria operistica, e il testo è delicato e struggente. E questo basta.

Raphael Gualazzi – Follia d’amore (2011)

Brano che lo ha consacrato come pianista mainstream jazz di successo e che me lo ha fatto scoprire e amare, non poteva mancare in questa “trip down memory lane”.

 

Filippo Colombo
Massimiliano Micali
Francesco Oreste
Luca Stanus Ghib

 


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