Intervista a Matteo Macchioni
Scritto da Redazione Radio Bocconi il 9 Maggio 2019
Il 6 maggio 2019, abbiamo avuto la possibilità di incontrare Matteo Macchioni negli uffici dell’agenzia di comunicazione “Parole & Dintorni” e aver modo di conoscere qualcosa in più sul suo particolare talento e la sua storia. Continuano con grande successo gli appuntamenti dal vivo all’estero; calcherà il palcoscenico del Theater Freiburg, in Germania, interpretando Don Ottavio nel “Don Giovanni” di Mozart, proseguendo fino al mese di Luglio. Il nostro tenore sarà, inoltre, impegnato il 19 aprile alla Svetlanov Hall presso la International House of Music di Mosca in “Legendary arias”, concerto per tre tenori. Il 10 maggio sarà poi il grande ritorno dal vivo in Italia con un concerto di musica sacra accompagnato al pianoforte dal Maestro Mirca Rosciani ad Empoli.
Quando hai iniziato a percepire te stesso come artista?
La passione per la musica è nata sin da piccolissimo, quando distruggevo mobili e pentole tutto per far musica, accompagnando i dischi rock. All’età di quattro anni mi fu regalata una batteria e poi ho iniziato a studiare primo Organo e poi Pianoforte in Conservatorio. Più che artista mi definisco appassionato. Tutto è iniziato infatti dal gioco e dalla passione.
Hai iniziato a studiare musica sin da piccolo, ti è costato molto rinunciare, durante la tua adolescenza a più momenti di svago?
E’ stata dura fisicamente affrontare lunghe distanze ogni giorno e la mia bravura scolastica ha lasciato che penalizzasse molto del mio tempo libero.
Attualmente sei un tenore italiano, acclamato dal pubblico e dalla critica di tutto il mondo. Pensi che gli italiani siano in grado di dar valore a questo genere di musica? Sono richieste competenze specifiche agli ascoltatori per comprenderla appieno?
In teatro vedo passione ed energia, cuori pulsanti e non morenti. Anche un neofita può scegliere dei titoli che per natura sono più adatti ad un primo ascolto, magari Il Barbiere di Siviglia di G. Rossini. Sicuramente un grande appassionato con un orecchio formato può apprezzare maggiormente, ma quello che è in assoluto più importante è che un’opera trasmetta emozioni, a prescindere che si sia ignoranti musicalmente o meno.
In quale Paese invece, avendo esplorato l’intera Europa e testato anche contesti extra-europei, sei riuscito a riscontrare una forte empatia con il pubblico?
Si respira un amore comune nei teatri, un grande fermento nei Paesi Europei. L’Italia non è morta da questo punto di vista, è viva e vegeta da questo punto di vista ed ho notato un forte rispetto per il nostro patrimonio linguistico, l’opera porta la nostra lingua italiana in giro per il mondo ed è l’unico veicolo ancora esistente che possa farci ancora onore. La nostra è un lingua settoriale e piuttosto difficile che venga apprezzata e valorizzata al di fuori dell’Italia.
Parlaci del tuo debutto sul palco scenico, un mix di emozioni turbolente, ma sicuramente indimenticabile.
Le emozioni sono sempre le stesse, una adrenalina ed energia fortissime, sin dai primi concerti da ragazzo in cui il bagaglio di emozioni incredibili ed è lo stesso sentimento. Semmai cambierà, non vorrò più cantare. È bene che l’ansia si tramuti in energia positiva, seppur delle volte sembra di aver dimenticato tutto fino a quando non si dà il via allo spettacolo.
Quanto le innovazioni tecnologiche hanno inciso sui cambiamenti della realizzazione delle scenografie?
Ovviamente dipendono dalle scelte del regista. Spesso ti capitano delle scenografie moderne, seppur si stia riproducendo un’opera temporalmente ambientata centinaia di anni fa. E’ una giusta libertà nelle forme di adattamento, purchè non si alterino totalmente i canoni del libretto originario e l’attinenza con il significato del testo. Stravolgere la connessione tra parole e significato potrebbe generare confusione.
Con ‘D’altro canto’ hai dichiarato di voler unire la lirica al pop. Quali pensi possano essere gli elementi di unione?
Sia l’opera che il pop, che sta sta per popolare, sono per tutti, nascono, crescono e si sviluppano per tutti. Questo è un messaggio molto importante, questa è la cosa che accomuno tutto quello che si chiama Arte. Per questo è bene andare a teatro, facendo in modo di rendere l’opera fruibile attraverso un mezzo televisivo, facendo vedere più opere durante l’anno. Se si ha di più da vedere e da sentire, si fa più cultura, rendendo partecipi più persone e facendola divenire nuovamente popolare.
Sarah Macchitella