Intervista a Ylenia Lucisano

Scritto da il 9 Maggio 2019

Il  6 maggio 2019 abbiamo avuto la possibilità di incontrare Ylenia Lucisano, una giovane cantautrice calabrese, negli uffici dell’agenzia di comunicazione “Parole & Dintorni” e scambiare due chiacchiere con lei in merito al suo nuovo album di inediti “Punta da un chiodo in un campo di papaveri” in uscita il 10 maggio per Bollettino Edizioni Musicali e distribuito da Universal. Da marzo 2019 Ylenia ha aperto una data di “Off The Record”, la serie di concerti di Francesco De Gregori (che scopriremo poi essere il suo mito sin da ragazza) al Teatro Garbatella di Roma. 

Con tuo padre hai condiviso la passione per la musica ed ha avuto un ruolo fondamentale sin dalle prime tue esibizioni canore. Quali i momenti più belli che vi hanno accompagnato nelle vostre “tournèe”?

Ovviamente all’inizio tanta timidezza mista a voglia di superare i limiti. Ho iniziato quando ero piccolina ed ho continuato fino ai 18 prima del trasferimento a Roma. Diciamo che ho avuto un’adolescenza diversa rispetto agli altri, perché ho passato le estati ed i weekend di inverno a cantare. All’inizio era una sorta di esigenza, mi rendevo conto di avere una certa indipendenza economica. Successivamente è diventata una esigenza soprattutto sentimentale. Sentivo il bisogno di stare davanti al pubblico, seppur delle volte dicessi che ogni serata sarebbe stata l’ultima. Pian piano ho razionalizzato che è una cosa che fa parte di me, quasi una malattia, sto facendo in modo che non sia solo un sogno ma diventi qualcosa di concreto. 

Dopo aver terminato gli studi ti sei spostata a Roma e poi a Milano. Pensi che in queste città ci sia ancora spazio per dar valore alla musica e gli strumenti necessari per approfondirne il suo studio?

Sono le uniche due città in Italia in grado di poter offrire gli strumenti e valorizzare un artista ; mentre Roma si presta maggiormente ai live, Milano si presta più nella discografia, i due ambiti quindi si compensano. 

Quando hai iniziato a percepire te stessa come artista? Quale il momento di “epifania”?

Non mi piace definirmi artista, soprattutto che sia io stessa a farlo, preferisco mi attribuiscano gli altri questa ‘etichetta’. Per diventare artista mi mancava qualcosa: l’indipendenza nella scrittura. Secondo me, per essere cantante, non devi solo saper cantare, ci sono una serie di fattori che devono fondersi. Bisogna anzitutto essere onesti artisticamente, quindi non fare tutto ciò che viene detto di fare. Sicuramente ciò che mi ha portato a pensare fosse questa la mia strada sono stati gli apprezzamenti sinceri di gente disinteressata, gente per strada, coloro che mi hanno ascoltato in radio o hanno ascoltato i miei dischi. Grazie anche a coloro che si sono presi la briga di fare delle critiche, il che significa che con la mia musica hanno percepito qualcosa. Anche i commenti di altri artisti, che solitamente tendono a sminuire, sono stati di grande aiuto, soprattutto quello di De Gregori, per me da sempre un mito in assoluto. Per questo viene ancora più grinta nell’impegnarsi ulteriormente. Amo la musica cantautorale, quella vera, l’artista che se ne frega del sistema, fa musica perché ama comunicare al pubblico. 

Il tuo esordio risale al 2013 con “Quando non c’eri”. I primi pezzi che hai composto ritieni trasmettano già bene il tuo punto di vista, o nel nuovo album si definisce meglio ciò che vuoi sviscerare? 

Non mi pento di com’ero nel 2013, ero più sognante, parlavo d’amore e più incosciente della realtà. Mi piace che il pubblico colga la mia evoluzione, ascoltando i pezzi pubblicati nei diversi. Ci sono scelte artistiche che probabilmente non rifarei, ma è bene non recriminare le scelte passate. 

Cosa ha provato ad essere l’unica solita femminile il Primo Maggio a Roma?

Ci sono state tante polemiche sterili a riguardo, per smorzare ho quindi deciso di far mettere il rossetto a tutti i ragazzi in modo da essere “tutte donne” per unirsi contro ogni forma di violenza. Il mio intento non era quello di far polemica, quanto di far passare un messaggio di sensibilizzazione. 

Il tuo nuovo album prodotto da Taketo Gohara, contiene 11 brani tra cui il singolo “Non mi pento”. Il messaggio celato che vuoi trasmettere agli ascoltatori con questo singolo e con l’album?

Il messaggio dell’album non è univoco. Quando inizio a scrivere, le parole prendono vita proprio. Il significato diventa un significato a sé stante, è riduttivo spiegare il significato che si nasconde dietro una canzone. Non volevo parlare di me, solo partire da mie esperienze e focalizzarmi sulle sensazioni che sono più introspettive e facili da condividere con chi ascolta. 

Un invito a non escludere ogni possibilità che ci venga data per paura di sbagliare, perché la paura tende ad inibire senza lanciarsi a capofitto nelle cose. Tendiamo poi a pentirci di aver rinunciare a far qualcosa, per la paura di sbagliare. Non mi pento generalmente, non provo senso di colpa. Ogni errore lo interiorizzo, faccio in modo che diventi unicamente qualcosa di costruttivo. 

Sarah Macchitella


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