SOGNANDO CAMPI DI PAPAVERI CON YLENIA LUCISANO
Scritto da Redazione Radio Bocconi il 10 Novembre 2019
“Ho avuto il piacere di ascoltare in questi giorni l’album ‘Punto da un chiodo in un campo di papaveri’. Complimenti per il lavoro! La mia prima domanda è questa: ascoltando la prima canzone ‘A casa di nessuno’ ho avuto l’impressione di percepire un’epifania nei versi in cui ripeti ‘Ho capito, ho capito’. Ecco, se in poche parole potessi riassumere quanto ti è stato insegnato dalla tua esperienza fino ad oggi e cosa hai, o senti, di aver capito al momento in cui parliamo?”
Ylenia: Ho capito, in realtà, di non aver capito niente (ride). Questa è la sostanza dei fatti. C’è tanto da capire e niente. Tutto ciò che si capisce si deve prenderlo, accartocciarlo e buttarlo, perché altrimenti ti chiudi nelle tue convinzioni e nei tuoi saperi, in una prospettiva limitante. Nella canzone dico ‘rifarei ogni errore al contrario’. Certo, non rifarei quell’esatto errore, ma alla fine chi è che giudica se hai fatto bene o male, è tutto relativo e così come nella mia vita, non c’è una regola in questo disco.
“Quindi tu dici, e ho capito bene, che anche fare sempre la cosa giusta è un errore…”
Ylenia: Sì, esatto.
“Capisco. Riflettevo sul titolo del tuo album, ‘Punta da un chiodo in un campo di papaveri’. Il campo di papaveri evoca luce, solarità. Nella mia mente appaiono campi assolati e luminosi. Ma il tuo non è un disco esente da ombre, anzi… molte canzoni sono dei notturni, tu stessa spesso hai citato l’ora ‘le tre di notte’.
Ylenia: Già dal titolo c’è questo contrasto fra il campo di papaveri, che ritorna nelle canzoni popolari passando per paperina, ‘lo sai che i papaveri son alti alti alti’. È un’immagine che mi riporta all’infanzia, quando si aveva del mondo un’idea fanciullesca e ingenua. La paperina del papavero per me è la voglia di distaccarsi da quelli che sono i problemi quotidiani della gente e rifugiarsi invece in un eden della mente. Però succede, ad un certo punto, che in questo paradiso luminoso mi punge un chiodo. È un contrasto, un dualismo, che sperimentiamo quotidianamente. Come quando ci alziamo con un umore positivo, ma torniamo a casa la sera che odiamo il mondo. Gli alti e bassi, le luci e le ombre fanno parte della quotidianità di ciascuno. Dunque c’è sempre un papavero che ti fa sognare e un chiodo che ti riporta alla realtà.
“E io che avevo pensato male: come sai il papavero è usato come base di preparazione di molte sostanze stupefacenti… (ride)”
Ylenia: (ride a sua volta) Beh sì, in effetti ci sta anche questa interpretazione.
“Cambiando argomento, stai per partire per un tour che toccherà le principali città europee e volevo sapere come ti senti. Mi spiego meglio, immagina una presa dall’alto nel cinema, con la telecamera che si alza sempre di più. So che non è semplice, essendo sempre immersi nel presente e nella quotidianità…”
Ylenia: Purtroppo sì… bella immagine comunque.
“Ecco, cercando di fare questa operazione, ci puoi dare un’immagine che racchiuda la partenza dalla Calabria a bordo dell’intercity fino ad ora che stai per partire per una sorta di ‘interrail’?”
Ylenia: In realtà partiremo con un van a otto posti, un camioncino anni ’70 , all’avventura… (ride). Guardandomi dall’esterno dico ‘Che figata!’, andare in giro per l’Europa, suonando… ma prendendo un punto di vista più interiore, dico comunque ‘Che bello’ perché la curiosità è uno dei miei tratti distintivi. Di base, non mi piace fare sempre le stesse cose. D’altra parte sono 12 date di fila, che non ho mai fatto. Sarà dura, sarà mettersi alla prova, anche dal punto di vista fisico e psicologico, stare 15 giorni con le stesse persone , sarà un po’ un grande fratello (ride). Vedremo, sarà una prova di sopravvivenza e sicuramente ne uscirò con nuove ispirazioni, che è quello che cerco adesso.
“Guardando al tuo percorso mi sembra che hai superato tutte le prove che ti si sono parate davanti, ottenendo anche premi e riconoscimenti. Si può definire un crescendo il tuo percorso artistico, lo senti come tale?”
Ylenia: Sì, crescendo, è un gradino ogni giorno che metto sul mio cammino. Vedo una strada dritta e non un olimpo da raggiungere. L’importante è il percorso, tanto per chiudere con una banalità (ride). L’importante è la strada, perché tanto non sappiamo dove arriveremo. Uno si ammazza per arrivare ad un certo obiettivo, ma se questo è l’atteggiamento non ci arriverai mai. Ti devi godere il percorso, dare il meglio di te e dove arriverai sarà dove ti meriti di arrivare.
“Ah, sei convinta di questo?”
Ylenia: Sì
“Ah guarda io non ci credo, visto le ingiustizie che vediamo tutti i giorni sui giornali. Che il mondo sia ingiusto, ne ho preso atto tempo fa. Se ottieni quello che meriti, è solo perché non è successo niente che lo ha impedito, ma le cose che possono andare storte, sono infinite e imprevedibili.”
Ylenia: Tu credi nell’ingiustizia, avrai ingiustizia, credi nella meritocrazia ed avrai meritocrazia.
“Beh, sono visioni. Comunque hai ragione, io non direi mai una cosa del genere ad un colloquio di lavoro, così come tu giustamente non la dici nelle interviste (ride)”
Ylenia: Eh beh, ad un colloquio devi farti vedere sicuro di te, che il mondo dipenda da te.
“Credo di aver esaurito le domande…”
Ylenia: Beh, credo che di materiale ce ne sia, e devo dire che sono state le domande più interessanti di questa giornata di interviste.
“Beh, grazie. Ah, comunque, un’ultima domanda l’avrei. Non prenderla assolutamente come una critica personale, è semplicemente una constatazione che ho fatto leggendo la tua biografia: rimpiangi mai di non aver fatto l’università? Senza niente di negativo in questo, davvero.”
Ylenia: Ah no, ma è una bella domanda. Io a scuola ero tra le prime della classe. Ricordo che quando i professori all’ultimo anno del liceo scientifico seppero che non avrei continuato a studiare, chiamarono a casa preoccupati. Hanno insistito che facessi l’università, ma mio padre ha risposto ‘Ma se lei non ci vuole andare, mica posso costringerla. Lei vuole cantare e fare musica’. Quello che mi dispiace è di non aver proseguito con gli studi, non per forza l’università, in generale una scuola di qualsiasi tipo che potesse darmi un mestiere concreto, cosa di cui adesso sto soffrendo la mancanza.
“Beh, immagino che nello scrivere le canzoni, con metriche e accenti, non sia semplice…”
Ylenia: Ma io non ho metrica, non ho accenti, non ho una tecnica. Il mio è un atto spontaneo e per me non esiste una scuola in grado di insegnarti a scrivere delle canzoni, così come non esiste una scuola per imparare a cantare. Ti puoi perfezionare, puoi imparare una tecnica di respirazione o modi per non stancare la voce. Ma questa è scuola di vita. Io di scuola di vita ne ho fatta tanta e se davvero lì si dessero le lauree, ne avrei già dieci. Però una cosa che sto pensando di fare il prima possibile è quello di studiare qualcosa, non all’università, perché oramai sono fuori età e perché non ho mai creduto nell’università. In tutti i lavori che ho fatto mi sono trovata spesso ad avere a che fare con gente laureata. Spesso mi sono ritrovata ad essere responsabile di gente che aveva un livello di istruzione più alto del mio. Sicuramente è importante portare avanti gli studi per professioni che non potresti imparare sul campo, come nel caso di matematici, architetti, ingegneri, economisti. Non si costruiscono i ponti dal nulla. Però poi c’è sempre la componente (doppio schiocco di dita) sveglia, il saper essere sul pezzo, non solo basandosi sui libri. Ad un certo punto questi non sono più punti di riferimento necessari. Devi viverla la vita, perché nel mondo del lavoro si tratta di umanità e non di quanto tu sia bravo nel fare i calcoli.
“Sono rimasto colpito leggendo la tua storia dal rapporto con tuo padre, che ti accompagnava all’inizio con la chitarra e che quando i professori hanno chiamato ha preso le tue parti. Sembrate molto vicini:”
Ylenia: Sì, dagli 11 ai 18 anni abbia lavorato insieme cantando. Ma, a dirti la verità, avrei preferito che i miei genitori mi avessero indirizzato maggiormente. Invece, mi hanno lasciato sempre libera, forse troppo. Poi sai, non avevo molte possibilità e ho sempre dovuto lavorare. Essendo la musica stessa un lavoro, ho dovuto fare delle scelte. Non avrei potuto studiare senza lavorare e lavorando non avrei potuto suonare, che era quello che volevo veramente fare.
“E’ una storia che purtroppo accomuna molti, ma allo stesso tempo è ispirante. Grazie, credo che con questo sia tutto. È stata una bella chiacchierata.”
Ylenia: Grazie a voi, alla prossima!
Lapo Santi