Sziget Festival – day 2

Scritto da il 14 Agosto 2015

E’ il DAY 2 del Sziget Festival – che in realtà è il DAY 4 se si considerano i DAYS -1 e 0 – e abbiamo la schiena a pezzi. Usciamo dalla tenda, ci diamo una bella sgranchita alla schiena e siamo pronti per iniziare un’altra giornata sull’Isola della Libertà.

Dopo aver salterellato qua e là per i bar dell’Isola, alle 17:45 è ora di andare a vedere il concerto dei Ting Tings. Katie White e Jules De Martino salgono sul palco, ma prima di iniziare la performance Katie legge da un foglio qualcosa in ungherese che io ovviamente non capisco. So soltanto che il pubblico inizia ad urlare. Allora butta il foglio e iniziano ufficialmente il concerto. Guggenheim è la prima canzone, seguita da Shut Up and Let Me Go e Great DJ. Per la serie “mi vendo”.

Ad un certo punto, però, non so cosa succede: lei impazzisce. Non lo so, forse le è salita la pasta: prende un battente e lo sbatte così forte sul tamburo da farlo cadere a terra. Poi prende una bacchetta e la lancia sul pubblico. Delirio.
Quello che ho visto del concerto è stato divertente, molto happy&fresh. Non lo vedo tutto perché alle 18:30 MØ inizia il concerto sull’A38 stage. Siccome è anche il suo compleanno non me la sento di non salutarla.

Arrivo all’A38 e noto che il pubblico di MØ è completamente diverso. E’ pieno di ragazzine urlanti vestite un po’ come lei. Si respira un’aria directioner. Un’aria molto pesante.
Sento qualche canzone e penso “MØ, mi stai facendo proprio incazzare”. Perché? Perché innanzitutto non puoi veramente muoverti in quel modo sguaiato come fai nel video di Lean On. Pensavo fosse parte del video, ma a quanto pare no. Poi perché a causa tua non ho sentito l’ultima canzone dei Ting Tings (Hands) e in cambio tu non mi fai neanche perdere la testa come avresti dovuto fare! Male!
Un po’ offeso torno al Main Stage per sentire il concerto dei Foals.

Ecco, i Foals hanno fatto veramente, ma veramente paura. Salgono sul palco con un’attitude da veri rockers e iniziano a suonare senza molte cerimonie. Il concerto è un crescendo di energia. Partono dalle canzoni più leggere per poi arrivare a quelle che provocano un pogo-pogo generale.
Durante la loro terza canzone, un’imprevisto: qualcuno forse inciampa su un cavo importante perché l’audio si stacca improvvisamente. Io temo che buttino le chitarre per terra e se ne vadano come mi era già successo con gli Strokes a Vigevano qualche anno fa. Invece no. Yannis inizia a lanciare della birra sulla folla e a caso parte il solito POPPOROPPOPOPO di circostanza (Seven Nation Army, per intenderci) sicuramente lanciato da qualche italiano. L’audio ritorna e ripartono a suonare.
L’ultima canzone light dei Foals è Spanish Sahara. Qui succede una cosa molto carina: tutti quanti si siedono per terra a sentire la canzone per poi rialzarsi piano piano con il crescendo della musica.
Dopo Spanish Sahara inizia il pogo-pogo generale. Io non l’avevo mai fatto e decido di cimentarmi nell’impresa. Peccato che non conosco le regole e mi butto in mezzo senza macchia e senza paura nel cerchio di persone che si era creato. Come una “ballerina della Scala” (cit. Eugenia D’Ermoggine) mi metto lì in mezzo e mi guardo attorno con gli occhi del lemure-topo Mortimer di Madagascar pensando “va be’, non è così male”. Se non che in un nanosecondo mi ritrovo travolto da trenta persone che pogano come se fossero impossessate da altri trenta demoni. Ovviamente mi arriva una gomitata sull’orecchio (sì, sull’orecchio) e deluso da me stesso me ne torno mogio mogio dov’ero prima. Fermo e triste guardo Yannis che fa crowdsurfing, per poco non lo risucchiano completamente. Il dolore all’orecchio è tanto, ma il concerto è stato pieno di energia quindi poco male, ne è valsa la pena anche questa volta.

Qualche birra più tardi, alle 22, si ritorna all’A38 stage per vedere i Balthazar, una band belga che due anni fa a Milano ha aperto il concerto degli Editors. Mi erano molto piaciuti e quindi ho deciso di andare a rivederli. Fanno un tipo di musica molto piacevole, un po’ soft indie rock. La chitarra elettrica di Maarten Devoldere è a tratti leggermente addolcita dal violino suonato da Patricia Vanneste. In altre canzoni invece è Jinte Deprez ad addolcire i suoni della tastiera di Patricia con la chitarra classica. Se vi capita ascoltate un loro disco, sono davvero interessanti.

Sono un po’ stanco e le luci azzurre, gialle e porpora dell’A38 sembrano venire dall’iperuranio. Ascolto un’ultima canzone e mi dirigo verso l’accampamento facendo pit stop al MasterCard World Music Stage. Canto e ballo Bella Ciao e me ne vado a in tenda. Mi piace molto la filosofia “I’ll sleep when I’m dead” e la metterei anche in pratica se solo ne avessi le forze, ma per il DAY 3 c’è bisogno di un po’ di riposo.

Chiudo la zip della tenda e mi addormento sulle note di un reggae.

 

Gianluca Petronio


Leggi

Traccia corrente

Titolo

Artista