La poesia a BookCity Milano 2016: Mappedipoesia e il reading dei poeti.com della Nottetempo
Scritto da BocconiADMIN il 20 Novembre 2016
Scegliere un percorso tematico, tra gli oltre mille eventi proposti da Bookcity Milano 2016, è pari a voler sintetizzare il contenuto dei 24 libri dell’Iliade in 15 righe, nel senso che – se il paragone apparisse un po’ confuso – la rassegna ha coperto una miriade di ambiti, tali da soddisfare le esigenze e le passioni di chiunque.
Fatto sta che, per un motivo o per l’altro, tale percorso va poi scelto, e la poesia è un buon Leitmotiv su cui concentrare l’attenzione e spendere qualche parola.
Il primo dei due eventi sulla poesia a cui abbiamo assistito si è tenuto Sabato 19 Novembre, alle 19.00, al MUDEC, nel maestoso auditorium, dove l’Associazione Culturale Milanocosa ha proposto Mappedipoesia, ovvero scoprire Milano attraverso i versi di autori contemporanei, ciascuno dei quali aveva l’onere di richiamare, per assonanza geografica e/o tematica, una pietra miliare della poesia milanese.
“Il territorio è essenziale per capire dove siamo, e, soprattutto, chi siamo”, così ha esordito Adam Vaccaro, fondatore e attuale presidente dell’associazione, che ha lasciato poi la parola agli otto autori e colleghi che in ordine rigorosamente centripeto – partendo da Piazzale Corvetto per giungere poi infine in Piazza Duomo – hanno dipinto Milano attraverso i versi.
La prima autrice, Alessandra Paganardi, ha richiamato Antonia Pozzi, poetessa morta suicida all’età di ventisei anni, iniziando l’intervento con la lettura di Periferia, in cui la compianta autrice racconta della paura e ansietà del vivere. “La poesia”, spiega l’autrice, “coagula, si contrae, si dilata e finisce nella pagina, ma bisogna riuscire a trovare la dimensione della parola, ed è difficilissimo”.
Il turno passa poi a Filippo Ravizza, che richiamandosi a Vittorio Sereni racconta come Milano sia ambivalenza tra aspetti antitetici, e stare bene nella moltitudine.
Ci si sposta poi sui Navigli, con i versi di Claudia Azzola che dipinge la sensibilità del simbolico agganciandosi a Roberto Sanesi, per inaugurare poi un dittico di poesie in dialetto milanese. Davide Romagnoli, per primo; partendo dai versi onirici e quasi sacrali con cui Franco Loi celebra l’euforia che gli deriva dalla pioggia che scende su Milano, e passando attraverso Baudelaire e la sua definizione di pioggia come aculei di costrizione, Romagnoli arriva a descrivere la pioggia come elemento di sbarramento, allegoria della difficoltà di rapportarsi con la città di Milano e della frustrazione che questo comporta. Il secondo ad intervenire è poi Guido Oldani, che richiama Delio Tessa. Si prosegue poi con Pancrazio Luisi, Luigi Cannello e Laura Cantelmo, che ricorda Ai quindici di Piazzale Loreto, testo con cui Quasimodo omaggia i quindici antifascisti uccisi nel luogo che, con l’impiccagione di Mussolini, diventò eterna antonomasia dell’antifascismo.
Con le parole di Adam Vaccaro, di nuovo, si chiude il cerchio, e Milano appare ora forse un po’ più nitida, più lirica e densa di quei significati che nella frenesia quotidiana scandita da metropolitane e puntualità da rispettare indubbiamente un po’ si perdono, e Milanocosa merita pertanto un plauso.
I reading non si fermano, e alle 13.00 della domenica seguente la Sala Della Balla del Castello Sforzesco – location pittoresca – è gremita di gente pronta ad ascoltare le parole dei protagonisti della collana poeti.com della Nottetempo, casa editrice indipendente fondata nel 2002 da Ginevra Bompiani. L’evento si apre con il ricordare che l’anno precedente il reading si era svolto durante una giornata apocalittica, con cieli neri e piogge torrenziali, e l’atmosfera di ascolto intimo e puro che si era creata aveva conferito al tutto una sorta di magia, che gli organizzatori si auspicano di ricreare.
Anche qua, gli autori sono tenuti a svelare all’audience i loro versi, ma anche a dar lettura di una poesia amata, un lume sempre acceso che ricorda il sentiero – quantomeno, ma non per forza esclusivamente, artistico – da percorrere. E così, Laura Acerboni, Vittorio Lingiardi, Antonio Moresco, Laura Pugno e Valentino Ronchi calcano il palco strappando applausi e sorrisi alla platea, tra chi recita i propri versi a memoria, guardando negli occhi il pubblico con pathos e carica emotiva, e chi si serve di un supporto cartaceo, senza per questo perdere di intensità e comunicatività.
Tra le poesie amate, si leggono versi di Emily Dickinson (“una donna che pensa e scrive una cosa del genere merita di essere amata per l’eternità”, questo lo scarabocchio di Antonio Moresco diciassettenne, quando si approcciò per la prima volta a tale raccolta), Guido Cavalcanti e perfino di Michele Mari, la cui raccolta Cento poesie d’amore a Ladyhawke è, a parere di chi scrive, un prezioso diamante della letteratura contemporanea, da leggere e vivere in profondità.
“La poesia è indispensabile, sì, ma a cosa?”, così Andrea Amerio, direttore della collana poeti.com, ha aperto il reading.
Vien da chiederselo anche dopo questa due-giorni di poesia a Milano, vien da chiederselo un po’ sempre, secondo me, perché la poesia è dappertutto, ma vien da chiederselo in particolare dopo due reading di poesia. Però non vien mai da risponderselo, e se è un bene o un male non lo so, ma, in realtà, credo un bene.
A cura di Filippo Colombo