Le mille facce dello Sziget

Scritto da il 14 Settembre 2016

Dopo avervi fatto vivere una giornata tipica dello Sziget insieme a noi, cerchiamo ora di spiegarvi meglio ciò che questo festival è.

 

  • I grandi nomi

 

Stando a quanto dice Károly Gerendai, il principale organizzatore del festival, il team che si occupa della line-up non si concentra esageratamente su di essa, secondo un approccio “se alcuni grandi artisti non vogliono suonare allo Sziget, non ci dispereremo” (un milione di euro sembra essere il tetto massimo per il cachet delle stelle invitate al festival, come Rihanna). Ciononostante, lo Sziget 2016 non ha mancato di offrire al pubblico l’emozione di vedere dal vivo vere e proprie stelle internazionali, come Rihanna, David Guetta, Sia e i Muse.

Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, chi potrebbe suonare se solo gli organizzatori si “spremessero” un po’ di più – chissà che il sogno nel cassetto di Károly, menzionato en passant mentre si parlava di desideri “proibiti”, di portare i Red Hot Chili Peppers allo Sziget non si avveri in un futuro prossimo…

 

 

  • Il rock, classicità in chiave moderna

 

Questa edizione, tuttavia, non ha deluso i fan del rock nelle sue forme più classiche. Il main stage ha visto susseguirsi la grinta tutta batteria-chitarra-basso degli Skunk Anansie, il live reso più epico dalla forte pioggia che scendeva; il punk old school di Marky Ramones e dei suoi Blitzkrieg, che non hanno mancato di riproporre le evergreen Blitzkrieg Bop e I Wanna Be Sedated; la riesumazione dei Sum 41, l’adolescenza di molti millenials, che hanno grandemente soddisfatto le aspettative; il pub rock dei Kaiser Chiefs, marcato da pezzi come I Predict A Riot, Modern Way e Ruby; il carisma quasi-leggendario di Noel Gallagher, che sta facendo molto bene con i suoi High Flying Birds e che non ha mancato di saziare la fame di Oasis del pubblico radunato sotto il main stage; i The Last Shadow Puppets, la valvola di sfogo per la fame di anni 60’ e 70’ di Miles Kane e Alex Turner.

Non è mancato nemmeno il metalcore, l’ibrido nato dall’heavy metal, dall’hard rock dell’era classica e dal punk, presente in ottima forma con i Parkway Drive; accennato dai Bring Me The Horizon, che con il loro ultimo album That’s The Spirit hanno preso una direzione diversa; sparato a 150dB dai Bullet For My Valentine, che hanno offerto una performance esplosiva.

Non è mancato nemmeno il rock più moderno e sperimentale. Gli islandesi Sigur Rós si sono presentati con il loro post-rock onirico e trasognato, Jónsi sfregando le corde della chitarra con il suo archetto, suonando brani pescati da quasi tutti gli album e il nuovo singolo Óveður. Subito dopo di loro, l’arena-oriented rock dei Muse, con i loro riffs memorabili, gli assoli “cafoni” di Bellamy, il basso distorto e “ciccione”, le dichiarazioni di guerra contro “coloro” che ci vogliono controllare, le numerose citazioni alla musica romantica che rimandano con nostaglia alla forte sperimentazione dei primi album. Anche sotto questo aspetto, l’edizione 2016 si è dimostrata esplosiva.

 

 

  • L’elettronica

 

Una componente forte di questa edizione del festival è stata la musica elettronica, sia dichiarata a viso aperto come genere (e.g. The Chemical Brothers, i produttori edm come Guetta, Hardwell e Afrojack, gli italiani Sam Paganini e Tale of Us per la techno), sia come componente più o meno forte di molta musica odierna, mainstream o alternativa che sia (e.g. l’electro-pop degli Years & Years o dei Chvrches, i campionamenti dei Bastille, l’electro-swing di Parov Stelar, le peculiarità hip hop dei sudafricani Die Antwoord, l’apertura di concerto degli Editors con la radioheadiana No Harm, le mille sperimentazioni degli M83). Se è vero che i festival sono lo specchio delle tendenze musicali di un determinato periodo, possiamo affermare che l’elemento elettronico sia ormai fondamentale e destinato ad essere sempre più pregnante.

 

 

  • La musica etnica

 

Per quanto possa sembrare particolare, lo Sziget ha offerto tantissimo in termini di musica etnica. Oltre alla presenza di Manu Chao e del suo gruppo La Ventura come headliner del main stage, c’erano, infatti, due palchi dedicati alla world music e alla musica afro e reggae, che hanno accolto artisti come il celebre serbo Goran Bregović con la sua band, i rumeni Fanfare Ciocârlia, gruppi etnici ungheresi e molti altri, a dimostrazione del fatto che gli organizzatori del festival hanno in mente di accontentare tutti, ma proprio tutti, i propri Szitizens.

 

 

  • La notte

 

L’unica cosa che differenzia la notte dal giorno sull’isola è il colore assunto dal cielo. A qualsiasi ora, infatti, si possono trovare persone festanti, birre e drinks, musica, cose da fare. Si può far festa con la musica dei grandi dj internazionali, oppure ci si può piazzare sotto la cassa di uno dei tanti bar e locali presenti sull’isola, in compagnia di tante altre persone che ballerebbero qualsiasi cosa e in qualsiasi condizione.

 

 

  • Le attrazioni non-musicali

 

La visione che sta dietro al più grande festival europeo (quasi 500.000 visitatori sui 6 giorni, picchi di 90.000 presenze giornaliere) si concentra moltissimo sulla dimensione non-musicale dell’esperienza. L’incredibile varietà e la gigantesca offerta di attività ed attrazioni sono, infatti, ciò che distinguono questa manifestazione da tutte le altre. Si parla di circo, danza, cabaret, stand-up comedy, TEDx talks, stand dei musei della capitale ungherese, installazioni d’arte moderna, corsi di scacchi.

L’obiettivo apertamente dichiarato degli organizzatori del festival è quello di offrire un’esperienza unica ed indimenticabile, di creare un’isola felice sulla quale chiunque si possa sentire libero e a casa per una settimana. La location, l’isola di Óbuda sul Danubio, contribuisce molto alla peculiarità della manifestazione, e la fortissima presenza internazionale (più di 110 nazioni rappresentate) la rende una sorta di “gigantesco party Erasmus con musica live”, come l’hanno definito i giornalisti di Rockol.

 

A nostro parere, l’obiettivo di Károly e compagni è stato ampiamente raggiunto. L’esperienza è stata surreale ed indimenticabile, i live sono stati di qualità pazzesca, la magia è stata di casa sull’isola per una settimana, nonostante le piccole grandi difficoltà del vivere in campeggio. Ora non ci resta che vedere cosa ci riserverà l’edizione 2017 di quella che ormai è un’istituzione – sarà, infatti, l’edizione del 25° anniversario.

Un nostro piccolo consiglio: se potete, andateci.

 

A cura di Luca Stanus Ghib


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