Le pagelle della prima serata

Scritto da il 7 Febbraio 2018

Dall’università Bocconi all’“ateneo Sanremese”, anche quest’anno la nostra troupe parte missione per una settimana all’insegna della musica italiana. In queste cinque serate di festival ciò che non mancherà saranno promossi e bocciati, fino ad arrivare all’agognato premio. 
Ma chi vincerà Sanremo? Chi riuscirà ad avere 110, lode e bacio accademico? 
Parte il totolaurea! Date un’occhiata ai nostri voti per la prima sessione.

I “MAGISTRALI”

Annalisa – Il mondo prima di te

Responsabilità enorme quella di esibirsi per prima al Festival, forse troppo per lei. Inizio timido sulle prime note basse della canzone, ma ripresa alla grande nel ritornello. Le note del bridge calzano a pennello sulla sua voce, la si sente infatti perfettamente a suo agio. Canzone radiofonica, arrangiamento semplice, il voto rispecchia la sua bravura e il brano non proprio indimenticabile.
Voto: 25 regalato.

Ron – Almeno pensami

Dirige l’orchestra il Beppe Vessicchio nazionale. Testo inedito del fu Lucio Dalla, ergo un susseguirsi di immagini in musica che se chiudi gli occhi ti trascinano lontano lontano.
Ron sale sul palco per emozionare con chitarra e voce ma l’interpretazione risulta monotona.
Lascia l’amaro in bocca il pensiero di non poterla ascoltare cantata dall’immenso Lucio.
30 al testo, 25 all’interprete. Voto: 28.

The Kolors – Frida (mai mai mai)

Michelle li presenta per quello che sono e per quello che fanno: elettrofunk, ma l’esibizione sembra farli allontanare dalle loro origini. Molto, ma molto elettro e poco funk. Troppe le voci e gli effetti esagerati a supportare Stash. Il breve solo di chitarra e la presenza scenica portano i tre punti bonus ai ragazzi. Voto: 18+3 e non tornate mai mai mai.

Max Gazzè – La leggenda di Castaldo Pizzomundo

Max Gazzè arriva al festival per la sua prima attesissima partecipazione con un brano a sua detta arrangiato in chiave “sintonica”: l’orchestra che lo accompagna tiene il pubblico incollato allo schermo integrando magistralmente strumenti sinfonici e sintatizzatori. Il testo poi è poesia allo stato puro, cantautorato old school riadattato in chiave moderna.
Unica pecca, Max un po’ calante in alcuni momenti ma siamo pur sempre solo alla prima serata. Ottimo inizio. Voto: 28 meritatitissimo.

Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico – Imparare ad amarsi

“Ci sono voluti tanti anni per diventare giovani”, parole sante quelle della Vanoni, la cui voce sembra aver sconfitto il tempo…la chirurgia un po’ meno. L’hype creato da Michelle nell’introdurla non ha disatteso le aspettative, per lei. I due autori, purtroppo, ma con tutto il rispetto, non hanno retto il confronto con una delle storiche voci della musica italiana. Chi sa scrivere scriva, chi ha sempre cantato continui a cantare. Voto d’ensemble: 26.

 Ermal Meta e Fabrizio Moro – Non mi avete fatto niente

Sembra di essere a Sanremo 2007, quando Moro portò sul palco Pensa, ma la voce dolce di Ermal va a contrasto con le strofe affettate di Fabrizio e il risultato piace. Ottima chimica piuttosto inaspettata. Testo interessante e attuale. Voto: 28.
Aggiornamento: pare che Meta e Moro abbiano infranto l’honor code. Il duo è attualmente in disciplinare con l’accusa di aver scopiazzato dalle audizioni di Sanremo Giovani 2016.
Difficile definire a priori cosa succederà. Vi terremo aggiornati.

Mario Biondi – Rivederti

Il maestro Vessicchio e Mario Biondi hanno arrangiato un brano perfetto per il blue note di Milano, un po’ meno per il palco dell’Ariston. La sua è un’esibizione degna di un jazzista, domina beat e melodia alla perfezione, ma alla fine l’Ariston gli riserva un applauso degno di giuria demoscopica.
Voto: 27

Roby Facchinetti e Riccardo Fogli – Il segreto del tempo

50 anni d’amicizia e tanta chimica, ma purtroppo a volte la chimica non basta e c’è bisogno di qualcos’altro. Il pezzo è totalmente anacronistico: la classica canzone dei Pooh ma troppo, troppo, trooooooppo classica per il 2018.
Bonus: a Riccardo scappa la lacrimuccia sul finale. E fa un po’ sorridere. Voto finale: 22.

Lo Stato Sociale – Una vita in vacanza

Non ci saremmo mai aspettati di vederli sul palco dell’Ariston, ma, come ha detto Michelle, hanno portato al Festival un po’ di ironia. La loro è una hit, un bridge alla moda, un testo si spera ironico e un’esecuzione non esattamente perfetta. Stato sociale non più indie, solo pop per Sanremo.
Voto: 26 sulla fiducia

Noemi – Non smettere mai di cercarmi

Ma davvero abbiamo ascoltato questa canzone ieri sera per la prima volta?
Malus: stonatura sul finale. Dai, Noemi. Voto: 23.

Decibel – Lettera dal duca

Ci hanno lasciato con “Contessa” e si ripresentano con “Lettera al duca”, David Bowie. Rischiano il richiamo di Baglioni cantando il bridge in inglese, ma la canzone è dannatamente radiofonica e l’arrangiamento è degno del rock che c’è in loro e che altrimenti sarebbe mancato a Sanremo. Stile inimitabile, anzi invidiabile, tanto che anche Michelle in loro onore indossa un paio di occhiali da sole. Voto: 28

Elio e le storie tese – Arrivedorci

Così tipicamente Elioelestorietese e allo stesso tempo così differente.
Non vogliono farci ridere ed è giusto che sia così. Questa canzone è il loro canto del cigno ed è quello che ci aspettavamo, “un finale che ci lasciasse a bocca aperta”.
Colorati e malinconici nelle loro tenute alla sgt. Pepper, i cinque di Milano cantano il loro arrivedorci a tutti e quando sul finale li vediamo schierati uno a fianco all’altro, non si può non immaginare il sipario che cala su di loro a chiudere uno spettacolo bellissimo. Voto: 30 e grazie di cuore.

Giovanni Caccamo – Eterno

Al suo terzo festival, non arriva in forma. Il titolo della canzone non rispecchia esattamente il tempo per cui verrà ricordata. Testo profondo, interpretazione molto sentita ed emozionata, anche se forse Caccamo non ha fatto pieno tesoro delle esperienze pregresse al Festival. La demoscopica gli dà fiducia, che tutti si aspettano venga ripagata. Voto: 21.

Red Canzian – Ognuno ha il suo racconto

C’è qualcosa dei Pooh in questa canzone? Sicuramente. Ma, contrariamente ai suoi ex-commilitoni, Red riesce a rendere il pezzo moderno con un arrangiamento davvero coinvolgente.
Ecco, questo è un pezzo da Pooh aggiornato a febbraio 2018 (ed è esattamente quello che cercavamo anche in Roby e Riccardo). Bravo Red che si aggiudica un 27.

Luca Barbarossa – Passame er sale

Al Festival mancava un testo interamente in romano, dunque eccolo qui. Romantico Barbarossa nell’omaggio alla Città Eterna. A detta sua il romano coinvolge tutti, verissimo, la canzone in sé un po’ meno. Se aumentasse leggermente i bpm, gli archi pizzicati in levare farebbero alzare un po’ tutti dalle poltrone, ma ieri purtroppo, tutto un po’ piatto. Voto: 24.

Diodato e Roy Paci – Adesso

Il pezzo non è male, ma le aspettative erano alte e la coppia inevitabilmente delude. Testo piuttosto banalotto. Nel 2018 l’invito ad alzare la testa dai cellulari non è più nulla di particolarmente rivoluzionario. E poi, è mai possibile che la tromba di Roy Paci finisca con l’essere relegata a semplice contorno? Si fonde con l’orchestra ma in senso negativo, un po’ come una libreria dell’IKEA in un salotto di arredamento griffato. Voto: 26 arrotondando per eccesso.

Nina Zilli – Senza appartenere

La voce della sposa 2.0 è stupenda, ha preso il volo lì dove pochi sono arrivati durante la serata. Il testo arriva dritto al cuore di tutti, ma manca ancora qualcosina per raggiungere la perfezione. La zona blu della demoscopica non è affatto un caso, staremo a vedere. Voto: 27

Renzo Rubino – Custodire

Custodire è un testo autobiografico e Rubino ci ha messo tutto se stesso. Il racconto della separazione di una coppia dal punto di vista del figlio non è cosa facile da mettere in musica, soprattutto quando sei proprio il figlio in questione. Renzo ci riesce magistralmente. Le parole sono quelle giuste. Peccato davvero per l’assenza di fiato. La canzone non è certamente una passeggiata e il giovane pugliese è piuttosto calante in più parti. Complice l’emozione per un testo così sentito? Voto: difficile da definire. Venga alla correzione compiti per chiarire un po’ di dubbi. 

Enzo Avitabile con Peppe Servillo – Il coraggio di ogni giorno

Sempre alla ricerca di sound fuori dal comune, la coppia ha portato sul palco tutta l’anima di Avitabile e l’esperienza di Servillo. Come prima volta sul palco dell’Ariston, per Avitabile è stata una passeggiata. La chitarra acustica all’inizio del brano e il sax del partenopeo rievocano sonorità che a Sanremo si sentono raramente, forse per questo la demoscopica li ha messi in zona rossa? Speriamo che la sala stampa e la giuria rendano loro giustizia. Voto: 26.

Le Vibrazioni – Così sbagliato

Difficilissimo da accettare. Quando scorrendo la scaletta della prima serata abbiamo scoperto Le Vibrazioni in chiusura ci saremmo aspettati un finale col botto. E invece Francesco &. Co., grandi attesi assenti dai palchi dal 2012, hanno mancato di energia, soprattutto sulla prima parte. Questo, unito ad un testo che fin dall’inizio non ci aveva entusiasmato porta inevitabilmente nella parte sinistra della Gaussiana.
Anche le Vibrazioni ringraziano l’assenza delle eliminazioni. Magari si rifaranno al prossimo appello. Per adesso firmino il 23.

I PROFESSORI

  • Michelle Hunziker

Chi meglio di una svizzera potrebbe presentare il regolamento del Festival. Gli imprevisti però non sono il suo forte. Coinvolge spesso suo marito nei momenti di difficoltà, come ovviamente non avrebbe fatto il Fiore. Eleganza e sensualità vengono meno nello schetch con Favino e Baglioni, che le presta uno stivaletto qualche numero in più del normale. Rimane comunque la regina indiscussa di questa edizione del Festival. Voto: 28 con margine di miglioramento.

  • Pierfrancesco Favino

Il compagno di viaggio di Claudio è stato chiamato in qualità di rappresentante della “parola”. Favino, però, ha ironicamente proposto una esibizione da gran cantante: iniziando a suon di maracas, ha eseguito un medley di musica italiana romanticamente prolungato dal pubblico sulle note di Battisti. A lui il compito di introdurre e prendere in giro Michelle per il sorriso instancabile e le smancerie rivolte al marito. Da buon gentleman le offre un bouquet per farsi perdonare.
Con Baglioni c’è intesa sul palco: i due formano un duo comico fantastico e inaspettato.

Superbonus: la partecipazione al video dei The Jackal con un’interpretazione tragicomica che ha del meraviglioso è ciò che porta davvero un po’ di pubblico giovane al festival. “Gnigni” sul palco è pura poesia.
Voto finale: 30.

IL MAGNIFICO (DI)RETTORE

Monologo introduttivo strappa lacrime, se non fosse per l’eccesso di botulino che distoglie un po’ l’attenzione. Claudio in questo festival vuole mettere al centro le canzoni, “coriandoli di infinito, neve di sogni venuti dal cielo, pugni di note e di frasi che ci entrano dentro”. Il ruolo del presentatore però gli va un po’ stretto, anche se la sua fama e l’affetto del pubblico gli permettono di tutto. Ironici e a volte un po’ forzati i suoi interventi, non lo mettono allo stesso livello dell’intrattenitore italiano per eccellenza al suo fianco. Voto: da definire. Aspettiamo le prossime serate.

GIUDIZIO BONUS

Guest speaker: Rosario Fiorello

Ma chi è arrivato sul palco al trentesimo secondo di Festival? Che importa, the show must go on! Fiorello, lo “scalda-pubblico” migliore di sempre, ha fatto proseguire lo spettacolo senza che nessuno si accorgesse di nulla. Con il medley Morandi vs Baglioni potrebbe gareggiare in prima linea fra i big ed aggiudicarsi facilmente il podio e quando invece duetta con il magnifico rettore quasi gli ruba la scena. Bravo Fiore, rendiamo grazie al tuo “su le mani, giù le mani”, che ha tirato tutti fuori dai momenti più critici.
Bonus: “I pooh sono come le tasse, le togli, le togli eppure ci sono sempre”, non a caso, dietro le quinte ne incontri uno dietro ogni angolo.
Voto: 30 e lode. Primo della classe.


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