Quel luminoso quartetto nella notte

Scritto da il 26 Novembre 2016

Che fosse un quartetto, lo si sapeva.
Che fosse un grande quartetto, lo si intuiva.
Che fosse a Milano, ci ha entusiasmati.
Di gente come Dave Holland, Chris Potter, Lionel Loueke & Eric Harland non se ne incontra tutti i giorni…

Trovarli tutti in una stessa serata, poi, al Teatro della Triennale, a Milano, era del tutto insperato.
Per fortuna c’ha pensato JazzMi a rendere reale questa sorta di magia.
C’ha pensato JazzMi a regalarci questa serata di grande musica.
Eh sì.
Perché The Aziza Quartet ha fatto della grande musica.
E ciò non è avvenuto solamente grazie ad una leggenda del double-bass come Dave Holland.
E non è avvenuto neppure perché alla batteria c’era uno scatenato Eric Harland.
Certo, la maestosità di Chris Potter al sax ha fatto la sua, e lo stesso Lionel Loueke non ha fatto altro che aumentare la qualità del tutto con i suoi ricami alla chitarra.
Però…
Però la cosa davvero grandiosa è stata sentirli tutti assieme.

All’inizio, certo, il pubblico era curioso, dubbioso. Si percepiva una certa tensione, una certa attesa per carpire le prime note soffiate per l’aria da uno dei quattro.
Per i Magnifici Quattro, questa era la prima volta, tutti assieme, in Italia, ed hanno cercato di fendere il silenzio dell’attesa con lo strofinio dei polpastrelli di Dave Holland sulla prima corda del contrabbasso. È stato lui, infatti, da veterano del jazz, a caricarsi questo fardello sulle spalle.
Dopo la prima nota, tutto è venuto da sé, suae spondae, progressivamente più intenso, scaldando sempre più l’atmosfera ed il pubblico della Triennale.
I primi passi della serata, quindi, hanno preso gli accenti del jazz più classico, a tratti con un piacevole swing. Ma non c’è voluto molto affinché venisse fuori l’anima più “sperimentale” del gruppo.
L’aria ha iniziato a farsi più rarefatta, il ricamo intermittente, le percussioni accennate, il sax placido, ed il contrabbasso carezzevole.
È stato Loueke ad urlare, è stata la sua chitarra.
È stata la sua semiacustica a metamorfizzarsi in un organo a canne, illuminando e sublimando l’anima del gruppo.
E l’ha seguito il sax di Potter, un abbaglio di classe difficilmente eguagliata nell’ambito degli strumenti a fiato.
Neppure Eric Harland si è fatto attendere. La sua scarica di batteria è nata come gocciolio cadenzato.

Poi pioggia rorida.

Poi temporale.

E poi è diventata tempesta.

Poi tutto si è fermato.
Tutto tranne lui, Dave Holland.
Tranne il suo contrabbasso.
Tranne il suo timbro pacato.
Tranne la sua voce roca.
Tranne il suo sussurro delicato.
Tranne la sua anima ribelle.
Pure la Terra era ferma, immobile, ma lui continuava a suonare.
E se la luna faceva capolino di fuori, rischiarendo la sera, alla Triennale è scesa la notte.
Un urlo ha squarciato il buio:
“Mamma! Mamma! Svegliati!
Aiutatemi… Un dottore!…”
Una signora, tra le tenebre, è infatti svenuta.
È stata prontamente soccorsa. Nulla di troppo grave, per fortuna, ed il concerto è potuto riprendere…
Con un ultimo pezzo.
Lo strazio di Loueke al microfono.
La sua voce ed il lamento dell’Africa.
E di nuovo il buio.
E di nuovo la notte.
E, stavolta, è stata la fine.

Pierdomenico Laviola


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