Vivere o Morire al live di motta, Alcatraz, 31/05

Scritto da il 2 Giugno 2018

Francesco. Beh, che dire di Francesco per chi non lo conoscesse.

Sicuramente è un personaggio, perché lo è. Ad un primo impatto, con quel suo fare totalmente da rock star punk-dark, la sua maglietta sempre nera (e ripeto SEMPRE, a tutti i suoi concerti, lui e la sua band), i suoi capelli lunghi, altrettanto neri ed il suo fisico alto e snello, potrebbe trasmetterti… non troppa serenità ecco.

Ma poi no, sentendolo cantare, è tanto tenerone quanto dark.

È la prima volta che lo sentiamo suonare all’Alcatraz di Milano, uno dei locali milanesi con la migliore acustica, e sappiamo che non ci deluderà.

Alle 21.30 ecco che entra la band e dà subito prova di talento e professionalità con un pezzo strumentale lungo e potente nell’attesa dell’arrivo Motta.

SI inizia subito con Ed è quasi come essere felici, tratto dal suo secondo album Vivere o Morire, come se volesse scandire un netto stacco dal suo album precedente La fine dei vent’anni. È energico sul palco, vuole sentire il suo pubblico, corre da destra a sinistra, salta, agita il microfono e si continua a muovere. Alterna brani del primo e del secondo album e se ne sentono le differenze. Dal malessere e dalle inquietudini espresse nel primo album ecco che si passa ad un punto di svolta, una luce che sembra entrare nel profondo dei suoi nuovi brani. Forse dopo la fine dei vent’anni, apparsa come così traumatica, ecco che ha trovato qualcosa di nuovo, di luminoso. Già dall’inizio del concerto inizia a ringraziare la sua band e soprattutto colei che gli è stata accanto in questo ultimo anno, la fidanzata Carolina Crescentini.

Si alternano suoni aggressivi, potenti e anche un po’ tribali a melodie più acustiche e dolci; parole di malessere a pensieri finalmente più sereni; ad alternarsi sono anche le chitarre nelle mani di Motta (ma quante erano?). Da sottolineare la bravura del cantautore e di tutta la sua band dal punto di vista puramente strumentale e del suo chitarrista LEG-GEN-DA-RIO (cit Barney Stinson) Giorgio Maria Condemi, che ci privilegia dei suoi assoli e che si trova spesso a suonare faccia a faccia con Francesco. 

“Mi siete mancati da morire” dice Motta e sembra davvero più forte sul palco rispetto agli anni scorsi e con una voglia di vivere proporzionale all’agitarsi dei suoi lunghi capelli durante il concerto, e, lo assicuro, non stavano un attimo fermi!

Viene un colpo al cuore quando canta Sei bella davvero o quando pronuncia “Finalmente senza fingere niente / E senza dirci dove siamo stati / E i tuoi piccoli segreti / E la pazienza di essere raccontati / Vieni via con me” di Quello che siamo diventanti.

Motta appare sereno sul palco, scherza con il suo pubblico. Il suo concerto è riflessivo ma anche tanto energico. Riesce ad alternare momenti di forza a momenti di dolcezza, momenti che fanno cantare a momenti che fanno pensare. I suoi testi sono ricercati, introspettivi; in questi il cantautore si mette a nudo, risulta vero e al pubblico arriva. È un cantautore da scoprire e che è completo nel suo essere artista: dalla voce al saper suonare numerosi strumenti. Il concerto si chiude con Fango, canzone del suo vecchio gruppo, i “Criminal Jokers”, e ci rivela “Se non la faccio io, non la fa nessuno. A qualcuno devo pure accollarla”.

Come consueto si chiama il bis ed ecco che Motta ci suona la tanto attesa Mi parli di te, dedicata al padre, che squaglia sempre anche i cuori più freddi quando pronuncia “Raccontami di te e di cosa volevi diventare senza di me.. di cosa volevi diventare insieme a me”.

Senz’altro da ascoltare!

 

A cura di Alessandra Bolchini

 

 

 


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