Disfare la luce in un cielo di nessuno – 65daysofstatic in concerto al Magnolia
Scritto da BocconiADMIN il 12 Novembre 2016
Venerdì 4 novembre, al Circolo Magnolia, è andata in scena l’esplosione di suoni e colori dei 65daysofstatic.
Prima di addentrarci nella recensione del concerto, un breve excursus sulla band inglese. Formatisi a Sheffield nel 2001, calcano le scene del rock sperimentale e strumentale con ottimo successo da una quindicina d’anni. La loro musica è stata descritta come “colonna sonora di una nuova dimensione, in cui il rock, la dance, e l’elettronica sono eguali.”[1] Hanno pubblicato 5 album in studio, l’ultimo essendo “Wild Light” (2013), oltre ad aver suscitato un discreto scalpore progettando la colonna sonora del videogame “No Man’s Sky” (2016).
Non è facile parlare della loro musica, come non è facile parlare della musica di gruppi simili e spesso accostati fra loro nel filone cosiddetto “post-rock”, che allude al superamento della struttura formulare del rock tradizionale in favore di una composizione meno costretta e più libera di coinvolgere l’ascoltatore in modi non convenzionali. La maggior parte dei gruppi dell’ambiente infatti produce musica strumentale, che si presta ad essere una colonna sonora della nostra stessa vita e dei nostri pensieri. I 65daysofstatic seguono questa linea, producendo composizioni strumentali che partono dal setting tradizionale (due chitarre, basso, batteria), per essere poi contaminate da vari filoni dell’elettronica – drum and bass, glitch music, electronica. Se è vero che la composizione è meno vincolata da strutture tradizionali, è falso invece che essa non sia vincolata in alcun modo: la band viene, infatti, classificata anche come math-rock, un filone indie che trae le proprie origini dal post-hardcore e dal progressive rock (v. King Crimson et similia), il cui nome stesso suggerisce complessità, ritmi atipici, dissonanza, melodie angolari, contrappunto e struttura irregolare.
Questo metodo quasi computazionale di imbrigliamento delle emozioni è ciò che li ha anche portati a collaborare, appunto, alla progettazione della colonna sonora di No Man’s Sky. Il gioco, infatti, consta di un universo deterministico generato algoritmicamente (è possibile generare 1.8×1019 pianeti diversi) in cui il giocatore compie esplorazioni e combattimenti, cercando di sopravvivere. Lo stesso metodo è usato anche per la colonna sonora: i 65daysofstatic hanno fornito “landscapes” musicali, che vengono poi usati come blocchi di partenza per una generazione algoritmica e aleatoria della colonna sonora.
Tutti questi aspetti intriganti della band trovano adeguata controparte nelle loro performance live. La band ha, infatti, sempre ricevuto lodi per le proprie performance live, sempre energiche ed estremamente soddisfacenti, tanto da permettere alla band di andare i tour insieme ai The Cure (avventura documentata, tra le altre, in Escape from New York del 2009).
Non è facile trasmettere l’esperienza di un live post-rock a chi non vi ha mai preso parte. L’assenza di parti cantate, potenziali punti di riferimento da seguire nella propria mente, disorienta fin da subito; la potenza di chitarre fortemente distorte, tastiera e campionamenti elettronici trasporta subito altrove, in un ambiente immateriale in cui i punti di riferimento sono rarefatti. Se questo wall of sound stordisce e confonde, è altrettanto vero che è alternato a momenti di calma, in cui esiste lo spazio mentale per una rielaborazione di ciò che sta accadendo, per un momento di riflessione che può portare anche lontano.
Il concerto inizia con Monolith (No Man’s Sky), prosegue con brani di album precedenti come Crash Tactics e Retreat! Retreat!, torna a No Man’s Sky, ci porta attraverso Wild Light (2013) con i brani Sleepwalk City, The Undertow e la celebre Unmake the Wild Light, per poi concludere con Radio Protector, fan-favourite che risale al terzo album One Time For All Time (2006), e Self Passage. La band è spigliata, a proprio agio davanti ad un pubblico che conosce (non era di certo la prima volta al Magnolia, che ormai sono di casa qui), composto da fan di vecchia data – i “65kids”, come si fanno chiamare – e neofiti curiosi. L’audience si fa trascinare e travolgere, complice; la band lo percepisce e rincara la dose, il batterista bombarda i timpani con una tecnica impeccabile; è impossibile restare indifferenti, il coinvolgimento emotivo è inevitabile, si ridimensionano le proprie prospettive, mettendo in discussione dubbi e certezze; alla fine, dopo i due encore, il sentimento è di piacevole stordimento, accompagnato nel ritorno alla realtà da una debole pioggia che nulla può per cancellare, o anche solo diluire, quanto appena vissuto.
Setlist:
Monolith
Crash Tactics
Retreat! Retreat!
Prisms
Install A Beak In The Heart That Clucks Time In Arabic
Asimov
Supermoon
Sleepwalk City
The Undertow
Unmake The Wild Light
Radio Protector
Safe Passage
Encore:
I Swallowed Hard, Like I Understood
Debutante
A cura di Luca Stanus Ghib
[1] 65daysofstatic, Monotreme Records