MI AMI 2018, giorno 1
Scritto da BocconiADMIN il 26 Maggio 2018
Il mio MI AMI è iniziato con Marco Villa (autore di EPCC) che mi ha accolta al box per il ritiro degli accrediti e così facendo sono riuscita a saltare la fila infinita che c’era all’entrata.
Una volta dentro si è avvolti dal bosco e dalla musica costante in sottofondo.
Proprio la musica mi ha guidata al Palco Havaianas dove c’era Federica Abbate quasi alla fine del suo concerto. Vederla dal vivo non era tra le mie priorità, ma sono contenta di averlo fatto.
Subito dopo ho iniziato con la mia spola tra il palco Pertini, dove mi sono recata per vedere De Leo e il palco Havaianas, dove ho passato la maggior parte della serata.
Anzi più precisamente ho passato gran parte della serata sulla collinetta del palco Havaianas, dove si riusciva a godersi pienamente il concerto senza essere schiacciata dalla folla.
Ritornando a Francesco De Leo: è stato esattamente come lo immaginavo. Sobrissimo (si fa per dire) e vestito completamente di nero ha cantato dei pezzi tratti da “Malanoche” più due brani de “L’oggicina della camomilla” per la gioia dei ragazzini che si accalcavano sotto al palco. E qui è successa la prima “miamata”: dopo nemmeno mezz’ora dal mio arrivo, uno mi rovescia il suo drink sulla gamba. Ovviamente quello dispiaciuto era lui per aver perso 6 € di drink in due secondi.
Subito dopo ho sentito due pezzi di Galeffi, attirata da una sua cover di Pop Porno che ha conquistato tutti, e due pezzi di Maiole sul palco MI AMI.
L’unica pausa della giornata, che effettivamente non ho sfruttato essendo finita a contemplare i gonfiabili dell’idroscalo e il tramonto, l’ho avuta prima del concerto di Francesca Michielin. Ammetto di non essere una sua fan sfegatata, ma dal vivo è come vedere una tua amica sul palco. In senso buono ovviamente. È dolce, quasi timida quando cerca di parlare con il pubblico, ma appena parte la canzone si trasforma e cerca di trasferire tutta la sua energia a chi la sta ascoltando (spoiler: ci riesce).
Quando ormai era buio sono corsa dai Coma Cose -che per fortuna non avevano ancora iniziato- ed è stata una bomba. I ragazzini erano spariti e l’età media iniziava ad alzarsi.
Impossibile non muoversi per tenere il tempo mentre cantavano. Poi ancora più bello sentirli in un festival a Milano dato che le loro canzoni sono piene di riferimenti sulla città meneghina. Del resto, “se abitassi qui capiresti”.
Ormai il MI AMI è pieno a tappo e passare da un palco all’altro è una vera e propria impresa epica; ci provo lo stesso per amore degli Ex-Otago, che però mandano i miei piani in fumo iniziando con 10 minuti di ritardo. Quindi faccio in tempo a sentire giusto una canzone in ricordo del concerto a Como dell’anno scorso e scappo da Willie Peyote sempre al palco Havaianas.
Willie Peyote, che dire. STREPITOSO. “Nichilista, torinese e disoccupato, perché dire cantautore fa subito festa dell’unità e dire rapper fa subito bimbominkia.”. È sua la colpa se oggi mi ritrovo senza voce e senza energie. Ha travolto tutti con i testi delle canzoni dei suoi ultimi due album, interrotto da un black-out di 5 minuti dopo il quale l’ha raggiunto sul palco anche Dutch Nazari.
Finalmente di nuovo pausa nel senso che posso restare sulla collinetta tattica ad aspettare Frah Quintale mentre mi godo lo spettacolo (molto) ravvicinato di Carlo Pastore che andava avanti e indietro a sistemare chissà quale casino.
Arriva Frah Quintale e mi sento molto teenager perché, anche se non ascoltavo le sue canzoni da un po’, mi sono ritrovata a cantarle tutte a memoria. Non ci credeva nemmeno lui, che ha di nuovo raccontato del suo MI AMI 2017 e di come si fosse ubriacato e sdraiato da qualche parte sul prato alle 22. Ospiti anche Giorgio Poi che ha duettato con lui la loro ultima canzone insieme e Ceri che ha cantato “Bimba mia”.
Appena finisce corro a vedere il finale di COSMO; ha infiammato un pubblico enorme e sì, sta volta l’hanno preso per ben due volte quando si è lanciato sulla folla sulle note di “L’ultima festa” per concludere quello che sicuramente è stata un’esibizione da paura. Sapete perché lo posso dire con sicurezza pur avendone visto solo i 10 minuti finali? Perché in ogni pausa di Frah si sentiva distintamente Cosmo che ci dava dentro di brutto.
Resto al Pertini a concludere la mia serata in quando c’è una sorpresa non sorpresa. Proprio lui, Calcutta. Sale sul palco con 30 minuti di ritardo, ma è subito perdonato in quanto sembrava quasi più felice lui di tutte le persone rimaste lì per vederlo. Si è goduto alla grande tutti noi che cantavamo le sue canzoni a squarciagola, solo dopo che lui si è accertato che avessimo voglia di farlo. Sì, ci ha proprio chiesto se preferivamo sentire lui cantare o se ci andava bene accontentarlo e cantare noi.
Ancora stordita per tutte le emozioni della sera, sudata all’inverosimile e stanca morta mi dirigo verso l’uscita dove mi aspetta una fantastica navetta e tre albicocche, la mia cena. Strano ma vero, per una sera ho preferito la musica alla pausa cibo.
A cura di Noemi Mangini