Tutto il Bianco del nuovo cantautorato italiano
Scritto da BocconiADMIN il 9 Ottobre 2016
Tra testi ricercati ed evocativi, arrangiamenti di qualità, e, soprattutto, passione e gratitudine per il pubblico, Alberto Bianco ha conquistato l’Arci “Ohibò” di Milano, grazie anche alla sua semplicità fatta di sorrisi e allegria.
A due date dalla fine del lungo tour “Fumo l’ultima”, il cantautore torinese, per quanto visibilmente provato dalla stanchezza – egli stesso l’ha implicitamente ammesso in una pausa -, è riuscito a regalare al suo pubblico una performance professionale, di qualità e coinvolgente.
Già dall’inizio, Bianco è entrato emotivamente nello show con rara sensibilità, tenendo bene il palco senza mai monopolizzare l’attenzione su di sé.
Con la sua fedele chitarra acustica in spalla e la collaudata band al seguito, ha combattuto il caldo soffocante dell’Ohibò suonando per quasi due ore, in un’atmosfera calda e amichevole.
Semplicità, appunto, lo dicevamo qualche riga più in alto.
La scaletta, costruita attorno all’ultimo lavoro discografico Guardare per aria (2015), ha attirato visibilmente il pubblico, che si è goduto la performance tenendo il ritmo in modo accentuato, ma sempre rispettoso nei confronti di chi suonava.
Tra Corri, corri – nell’album duettata con Levante -, Filo d’erba, Aeroplano e via dicendo, Bianco ha saputo creare un microcosmo familiare e accogliente che dovrebbe nascere in ogni concerto, ma a cui solo i migliori riescono a dar vita.
Non sono mancate le chicche per i fan di vecchia data, come la bellissima Jpeg o l’incalzante Mela, suonata in un vis-à-vis con il pubblico dopo una brevissima pausa.
Ma chiamami come vuoi, anche Roberto,
Basta che il mio nome faccia rima, con concerto. (Mela)
L’onda emozionale ha raggiunto il picco nel gran finale, l’attesissima Le stelle di giorno, canzone da cui è tratto il verso che dà il nome al tour. La partenza sussurrata e delicata ha creato il preambolo per il ritornello, scandito dagli “oh oh oh” che il pubblico ha seguito con la voce e con le mani, accompagnando Bianco nel congedo dal palco dell’Ohibò e – quasi – dai palchi d’Italia.
Il nuovo cantautorato italiano sta vivendo un periodo particolare. A pochi sfugge l’abbondanza di personaggi, nomi e brani, ma spesso è proprio il coinvolgimento emotivo a mancare. La non scontata banalità dell’amore per la musica e la retorica delle emozioni rinnovata che Bianco ha fatto trasparire sul palco lo pongono senza dubbio come una delle promesse più radiose per il futuro. Speriamo di scrivere di nuovo, tra qualche anno, per confermarne il mantenimento.
Antonio D’Amato
Filippo Colombo